“Quei robot possono uccidere”. Dipendenti e ricercatori di Google lo hanno ripetuto per settimane e in oltre 4.000 ad aprile hanno firmato una lettera aperta al Ceo Sundar Pichai per chiedere di fermare il progetto Maven: un programma che sfrutta la piattaforma di intelligenza artificiale per analizzare le immagini catturate dai droni del Pentagono. Una ventina tra tecnici e manager si sono addirittura licenziati e alla fine la decisione: il contratto da 9 milioni di dollari con il Dipartimento alla difesa e’ rotto.
L’immagine di una Silicon Valley pacifica e anti-militarista e’ salva. E’ stata dunque una vera e propria rivolta interna a provocare il passo indietro dei vertici di Google, che ancora negli ultimi giorni rassicuravano sul carattere assolutamente inoffensivo del controverso progetto, promettendo comunque un codice etico per l’uso dell’intelligenza artificiale in campo militare. Ma alla fine Big G si e’ dovuta arrendere all’evidenza: grazie al programma di intelligenza artificiale TensorFlow e’ possibile il riconoscimento automatico dei potenziali obiettivi dei droni utilizzati in missioni militari o di anti-terrorismo. E, si sottolineava nella lettera-appello inviata a Pichai, Google non dovrebbe occuparsi della guerra e non e’ nata per uccidere.
Cosi’, alla sua scadenza il prossimo anno, il contratto col Pentagono non verra’ rinnovato, come annunciato dalla responsabile di Google Cloud, Diane Greene. I vertici di Mountain View hanno raccolto la preoccupazione di chi vedeva nel progetto Maven anche un primo passo verso l’uso della nascente tecnologia sull’intelligenza artificiale nella realizzazione di una nuova generazione di armi. Del resto non e’ un segreto che il segretario alla difesa Usa, l’ex generale Mattis, sia da tempo in pressing sui big dell’alta tecnologia proprio per avere il loro aiuto nel perseguire una delle priorita’ della strategia del Pentagono nell’era Trump: mettere l’intelligenza artificiale al centro dello sviluppo di nuovi armamenti. Tanto che in corso di realizzazione e’ un vero e proprio Joint Artificial Intelligence Center.
Ma – come sottolineano diversi commentatori – il caso di Google e del progetto Maven dimostra come i lavoratori del settore tecnologico se uniti possano ancora dire la propria e cambiare il corso egli eventi.