Rifiuti speciali: in Italia, complice la seppur flebile ripresa economica, se ne producono sempre di più, ma la loro gestione resta saldamente improntata alle logiche del recupero. Perchè mentre lo smaltimento in discarica cala, il riciclo continua invece a rappresentare la modalità di gestione prevalente. Questo in estrema sintesi il bilancio ambientale dell’economia nostrana, così come viene fuori dal confronto tra i dati su quantità, qualità e destinazione degli scarti prodotti dalle aziende dello Stivale contenuti nel Rapporto rifiuti speciali 2017, redatto dall’Ispra e pubblicato oggi. Sono 132,4 i milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti dalle imprese dello Stivale nel 2015, con un aumento nella produzione totale rispetto all’anno precedente pari al 2,4%, corrispondente a circa 3,1 milioni di tonnellate. Sono 123 i milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi, con un aumento sul 2015 di circa 3 milioni. Aumenta anche la produzione di rifiuti pericolosi, poco più di 9 i milioni di tonnellate complessivamente prodotti, con un +3,4%, corrispondente in termini quantitativi a poco più di 300mila tonnellate.
La maggiore produzione di rifiuti speciali non pericolosi deriva dal settore delle costruzioni e demolizioni (43,9% del totale prodotto, corrispondente a quasi 54,1 milioni di tonnellate), seguito dalle attività di trattamento di rifiuti e attività di risanamento (33,1 milioni di tonnellate, pari al 26,8%) e da quelle manifatturiere (23 milioni di tonnellate, pari al 18,7%). Il maggior contributo alla produzione di rifiuti speciali pericolosi deriva invece dal settore manifatturiero (39,2% del totale), corrispondente a quasi 3,6 milioni di tonnellate. Il 30,6% deriva dalle attività di trattamento rifiuti e attività di risanamento, che producono quasi 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi, mentre il 20,1% è attribuibile al settore dei servizi, del commercio e dei trasporti, con oltre 1,8 milioni di tonnellate, di cui circa 1,2 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso. Nell’ambito del comparto manifatturiero, il 26,5% (circa 944 mila tonnellate) del quantitativo di rifiuti pericolosi complessivamente prodotti proviene dal settore della metallurgia.
Sono 136 invece i milioni di tonnellate di rifiuti speciali gestiti (4 in più di quelli prodotti, per effetto dell’import e delle attività di messa in riserva), con il recupero che si conferma l’attività prevalente: in particolare, i rifiuti recuperati sotto forma di materia sono circa 88,6 milioni di tonnellate (pari al 65,1% del totale), il recupero di energia interessa 2 milioni di tonnellate (1,5% del totale). Tra i rifiuti non pericolosi avviati al recupero di materia, prevalgono, con 51,8 milioni di tonnellate, i rifiuti inorganici, mentre per gli speciali pericolosi il quantitativo avviato a recupero di materia è pari a 2,2 milioni di tonnellate, ossia il 26,3% del totale dei rifiuti pericolosi gestiti. L’operazione più diffusa è rappresentata da “riciclo/recupero dei metalli o composti metallici” e costituisce il 39,4% del totale dei rifiuti pericolosi avviati a recupero di materia.Cala lo smaltimento in discarica, che ha interessato 11,2 milioni di tonnellate (l’8,2%), di cui 9,9 milioni di non pericolosi (88,5%) e 1,3 milioni di rifiuti pericolosi (11,5%). Rispetto al 2014, si registra una diminuzione del totale smaltito in discarica, a livello nazionale, pari a 200 mila tonnellate (-1,8%).
Quanto al commercio internazionale di rifiuti speciali, il 2015 vede pendere la “bilancia commerciale” del pattume aziendale a favore delle importazioni, pari a 5,7 milioni di tonnellate di cui solo 155mila sono pericolose. Rispetto al 2014, anno in cui il quantitativo importato risultava pari a 6,2 milioni di tonnellate, si registra una diminuzione del 6,6%. Il maggior quantitativo proviene dalla Germania, oltre 1 milione di tonnellate, costituito quasi interamente da rifiuti non pericolosi; il 94% di tali rifiuti sono di natura metallica, 1 milione di tonnellate. La quantità totale di rifiuti speciali esportata nel 2015 è invece pari a 3,1 milioni di tonnellate, di cui il 69,4% (2,2 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi ed il restante 30,6% (955 mila tonnellate) da rifiuti pericolosi. I maggiori quantitativi sono destinati alla Germania, (845 mila tonnellate) e sono prevalentemente rifiuti pericolosi (656 mila tonnellate) prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti (ceneri da impianti di termovalorizzazione e fanghi da depurazione dei reflui) e dalle operazioni di costruzione e demolizione (materiali contenenti amianto).
Quanto a specifici flussi di scarti speciale, stando al rapporto Ispra i rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2015 sono pari a 369mila tonnellate, costituiti per il 93,9% da materiali da costruzione contenenti amianto, di cui solo 263mila sono stati gestiti entro l’anno, con lo smaltimento in discarica a rappresentare l’86,5% del totale. Centrato e superato con anticipo il target europeo del 70% di riciclo entro il 2030 dei rifiuti da costruzione e demolizione, che anche nel 2015 hanno rappresentato la quota principale dei rifiuti speciali prodotti e che stando alle dichiarazioni Mud analizzate da Ispra sono stati avviati a riciclo per il 76,1%. Critica invece la situazione sul fronte veicoli fuori uso. A partire dal gennaio 2015 infatti l’Italia avrebbe dovuto recuperare il 95% del peso medio di ogni veicolo, con almeno l’85% di riciclo. Se su quest’ultimo fronte l’obiettivo può considerarsi centrato, con un recupero di materia pari all’84,6%, sul fronte del recupero complessivo l’Italia nel 2015 resta ferma all’84,7%, «evidenziando – scrive Ispra – l’assenza di forme di recupero energetico che compromette pesantemente la possibilità di raggiungimento del target complessivo di recupero».